Un’altra verità

 

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Come fa giustamente notare il curatore di questa libretto,Un’altra verità.  Lettere a Linde Birk e a Dieter Schlesak, (Mimesis, 2016), Antonio Di Gennaro, siamo abituati a conoscere il “Cioran francese” e le mirabili opere figlie di questo lungo periodo, mentre sottovalutiamo l’importanza del suo essere rumeno, di come ciò abbia profondamente contribuito a renderlo quello che era. Quel clima di rassegnazione nichilista che lo avrebbe sempre accompagnato è frutto del “nulla valacco” e di nient’altro, di un’infanzia edenica sfociata in un’adolescenza di terribili turbamenti incanalati poi in un filolegionarismo antisemita, in seguito ripudiato e ribaltato, messo in adeguata luce soltanto dopo la sua morte.

Un’altra verità, ovvero la corrispondenza epistolare (1969-1986) tra Cioran e i coniugi Linde Birk e Dieter Schlesak – impegnati anche loro, a diverso titolo, nell’universo letterario –, ci offre l’occasione di sbirciare tra i pensieri di un Cioran maturo, in un ripiegamento nostalgico verso le sue origini e ciò che per lui rappresentano. In queste pagine di lettere ritroviamo il conflitto tra le false e grottesche imprese rivoluzionarie dell’Ovest e la “sostanza spirituale” dell’Est, tra Notre-Dame e i minuscoli monasteri moldavi, tra la mancanza di tempo occidentale e l’amore per il dolce far niente del filosofo di Răşinari.

C’è un’altra verità che trascende la storia, una verità che solo un Paese, appunto, “senza storia” come la Romania in cui era nato e cresciuto il tragico Cioran può custodire nell’animo dei suoi figli, ancor più se espatriati e a contatto con quel mondo che si autoproclama “vero”.

Elemento anch’esso molto importante, quello dell’espatrio – o forse sarebbe meglio dire quello dell’apolidia –, che emerge a più riprese fra i pensieri di queste lettere, testimoniando così quanto Cioran considerasse necessario vedere strappate le proprie radici per rispondere al bisogno interiore di non appartenere a nulla, fuggendo così da facili quanto falsi condizionamenti. Dall’esterno si vede meglio ogni cosa, con una lucidità a cui è impossibile sottrarsi.

Recensione di Stefano Scrima

 

 


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