Qual è il ruolo della colonizzazione nella storia contemporanea del Portogallo? E quali i nodi alla base dell’identità lusitana? Oggi su Scenari una conversazione-intervista tra António Costa Pinto dell’Istituto di Scienze Sociali dell’Università di Lisbona, coordinatore (insieme a Nuno Gonçalo Monteiro) del libro Storia Politica Contemporanea del Portogallo 1808-2000, e Francesco Ambrosini, curatore e traduttore dell’edizione italiana.
Storia Politica Contemporanea del Portogallo 1808-2000 approfondisce criticamente gli ultimi due secoli della Storia portoghese. E si avvale del contributo di vari studiosi: oltre al lei e a Nuno Conçalo Monteiro, intervengono anche i professori Rui Branco, Paulo Jorge Fernandes, Bruno Cardoso Reis. Quali sono le tematiche che in particolare emergono per il Paese lusitano e lo caratterizzano rispetto ad altri Stati europei nello stesso periodo?
Vi sono nella Storia Contemporanea del Portogallo diversi punti di riferimento conosciuti, fasi che si ricordano, tra cui per esempio il regicidio, l’instaurazione della repubblica, la dittatura durata quasi cinquant’anni e la rivoluzione dei militari che l’ha abbattuta (per citarne soltanto alcuni tra quelli del secolo XX). Ma altri momenti e argomenti sono assai meno noti, specialmente al di fuori del Portogallo, e questo libro li espone analizzandoli, grazie al lavoro di cinque studiosi specializzati sui vari periodi. Nell’esaminare quei fatti sono stati tenuti presenti, in particolare, due aspetti specifici della Storia portoghese, che corrispondono a due grandi tematiche. La prima tematica è quella della ricerca di una “identità lusitana”, in grado di valorizzare le caratteristiche portoghesi, distinguendole da quelle di altri Paesi. Una identità riscontrabile anche nelle zone non europee che hanno fatto parte del cosiddetto Impero portoghese nei secoli e mai messa in dubbio sino dai tempi più remoti. La seconda tematica è il riconoscimento di uno sfasamento temporale (in senso politico economico e sociale) tra le nazioni del Nord Europa protestante, più progredite e le nazioni del Sud Europa, cattoliche e quindi soggette all’Inquisizione. Questa consapevolezza, vissuta come ritardo dal Portogallo, costituirà una spinta per una rinascita del Paese mediante riforme che, abolendo i privilegi di antica origine, porteranno al liberalismo.
Il ruolo del liberalismo (in senso economico e anche politico), quindi, come uno dei primi elementi che vengono presi in esame in questo libro. Lei ha citato alcune tappe del percorso del Portogallo nel secolo XX, ma anche l’Ottocento ha avuto momenti fondamentali e il primo di questi può essere il periodo delle invasioni dell’esercito napoleonico.
Sì, a differenza degli altri sovrani in Europa, in Portogallo l’arrivo dei francesi ha portato addirittura alla fuga dell’intera Corte reale e per di più in un altro continente, perché è andato a insediasi in Brasile. Poteva farlo, trattandosi di una monarchia definita pluricontinentale, ma questo determinò molte conseguenze incontrollabili. Quando ritornerà, diversi anni dopo, troverà un Paese che non poteva più essere lo stesso. Con la caduta di Napoleone, e la successiva restaurazione dei regimi assoluti si ritorna al passato, ma i principi del liberalismo, in parte presenti già da prima, alla fine del Settecento, si sono ormai diffusi. L’influenza delle istanze costituzionaliste della Spagna, lo scontento della borghesia per l’apertura dei porti brasiliani, la sensazione di essere orfani e umiliati per l’abbandono del re e per l’innalzamento del Brasile a regno sono alcuni dei fattori che rafforzano il movimento liberale. Si avvia un lungo confronto tra assolutisti e fautori della monarchia costituzionale. Quest’ultima si impone, sia pure a fatica e si può dire che la cosi definita “rivoluzione liberale” riesce ad affermarsi. È infatti in quell’epoca che compaiono i primi testi costituzionali, ve ne saranno tre nello spazio di pochi anni. Questi mutamenti influiscono naturalmente anche sull’organizzazione amministrativa del Paese. Buona parte dell’Ottocento è caratterizzato da prolungate tensioni sociali e guerre civili, intrighi e frequenti cambi di governo. Verso la fine del secolo, il Paese entra in un periodo meno tormentato e di relativo sviluppo economico; il processo di modernizzazione dello Stato prosegue, con la caratteristica però che sono sempre le élites a mantenere il potere in Portogallo. I ceti popolari ne sono del tutto esclusi, la politica resta dominata da oligarchie e caciquismo.
L’evoluzione del Portogallo come Stato moderno è stata paragonabile a quella di altri Stati europei?
Ci sono state analogie con alcuni altri Paesi, per esempio con le altre monarchie costituzionali in Spagna e in Italia. Ma proprio a causa delle sue specificità di cui parlavamo inizialmente – e anche per il rapporto con i suoi territori coloniali, e su questo argomento dovremmo tornare – ha avuto un percorso particolare. L’alternanza sempre degli stessi partiti nei governi, che cambiavano di continuo senza nulla cambiare, e la perdita di ruolo del Portogallo rispetto agli altri Stati europei indeboliscono ulteriormente un sistema non democratico, corrotto, aperto al clientelismo politico. È il declino inarrestabile del sistema monarchico, che non risponde alle esigenze del Paese e in cui tante opportunità di rinnovamento vengono perdute. Nasce un partito repubblicano che racchiude componenti nazionaliste e rivoluzionarie. Sono alcuni suoi militanti estremisti a commettere il regicidio nel 1908 e due anni dopo una rivolta militare e di popolo porta a instaurare la repubblica. Ma anche questa forma di governo, alquanto particolare nell’Europa di quei tempi, non riuscirà a dare adeguata risposta agli squilibri sociali. Il libro mette in risalto le contraddizioni, i tentativi di modernizzazione, la riorganizzazione amministrativa, il ruolo dell’esercito, l’importanza della Chiesa e l’anticlericalismo, la crisi economica aggravata anche dalla partecipazione alla Prima Guerra Mondiale, anch’esso un fatto non così noto ma che ha determinato precise conseguenze. Il quindicennio dopo il 1910, data dell’instaurazione della repubblica portoghese, è uno dei periodi più tormentati, con tentativi riusciti o falliti di rivolte e colpi di Stato, contrapposizioni sociali, governi che restano in carica pochi mesi. La crisi post bellica porterà in Portogallo, come in altri Paesi europei, all’instaurazione di una dittatura militare nel 1926.
La dittatura portoghese è instaurata negli anni Venti, quando anche Italia e Spagna sono state toccate da fenomeni analoghi. Uno dei meriti di questo libro è spiegare come ci si è arrivati e anche di rendere note le prime fasi di quel regime autoritario.
Vi è stato un passaggio di poteri dalle giunte militari a un regime, sempre dittatoriale, ma in cui prevaleva la componente di burocrati, sotto il segno di António de Oliveira Salazar. Il salazarismo è quello che potremmo definire una via autoritaria simile al fascismo, ispirata al fascismo, fortemente conservatrice e clericale, ma con alcune particolarità e differenze rispetto alle altre dittature europee, che il libro mette in evidenza. Nasce poi, nel 1933, il così chiamato Estado Novo con una forte impronta corporativistica. Povertà e persino analfabetismo contraddistinguono un Paese tenuto sotto il rigido controllo della censura e della polizia politica. Il dittatore Salazar – non un caudillo ma un tecnocrate esponente della destra autoritaria e nazionalista ؘ– mantiene il potere presentandosi anche come baluardo contro la “minaccia” del comunismo.
È significativa anche la posizione assunta dal regime portoghese negli anni successivi, in appoggio alla Spagna franchista, ma mantenendo una equidistanza rispetto ai due schieramenti durante la Seconda Guerra Mondiale che gli servirà anche per rimanere in piedi dopo la fine del conflitto.
La dittatura resisterà a vari scossoni, farà leva sulla necessità di difendere il Paese da pericoli provenienti dall’esterno e durerà quasi 50 anni, fino al 25 aprile 1974, che aprirà quella che si può definire come la terza ondata di democratizzazione in Europa (che poi coinvolgerà Spagna e Grecia). Pertanto, questo libro si propone di portare all’attenzione di un pubblico internazionale più vasto i grandi cambiamenti politici dei due secoli XIX e XX in Portogallo, nel suo percorso talvolta legato alle vicende degli altri Paesi europei e talvolta distinto. In questo percorso risalta, come si accennava, il difficile rapporto con le colonie, anche in contrasto con le altre potenze europee.
Il ruolo delle colonie è onnipresente in ognuna delle fasi storiche analizzate nel libro. Quanto il rapporto con i territori del cosiddetto “Impero portoghese” ha influito sulla Storia del Portogallo?
La Storia Contemporanea del Portogallo è dominata dalla questione coloniale. La Monarchia Costituzionale, in quanto sistema politico, cominciò a fine dell’Ottocento il declino che l’avrebbe condotta inevitabilmente alla rivoluzione repubblicana, anche in seguito al fallimento delle proprie ambizioni di espandersi ulteriormente in Africa. La copertina del libro rappresenta i rivoluzionari repubblicani del 1910; anch’essi consideravano fondamentale il problema delle colonie, che reputavano non difese dal sovrano, divenuto impopolare anche per quel motivo. La stessa entrata nella Prima Guerra Mondiale dipendeva anche dall’intento di proteggere gli interessi portoghesi in Africa. Il nazionalismo repubblicano è quindi influenzato dalla questione coloniale, così come la successiva dittatura militare e il periodo del salazarismo; autoritarismo e colonialismo erano indissociabili. L’elemento decisivo dell’ultimo periodo della dittatura è stato lo svilupparsi di un prolungato conflitto nei territori d’oltremare, la guerra colonial. Il vecchio dittatore António de Oliveira Salazar resistette dal punto di vista diplomatico e militare alla decolonizzazione. Fu sostituito per problemi di salute nel 1968 da Marcello Caetano, da tempo suo collaboratore, il quale inaugurò un effimero periodo di “liberalizzazione”, chiusosi in breve tempo. La continuità coloniale portò allora al crollo dell’Estado Novo: la rivolta militare del 25 aprile del 1974 in Portogallo aprì allo stesso tempo un periodo di democratizzazione e di decolonizzazione, che viene analizzato nella ultima parte del libro.