Le storie di vita di otto compositrici, direttrici d’orchestra e musiciste che hanno infranto le barriere sociali per plasmare il panorama musicale contemporaneo e le sue pratiche. Donne che sono andate contro ai fattori culturali imposti del loro tempo e per questo rimaste a lungo in ombra. Tutto questo è DiClassica, un podcast inaugurato l’8 marzo 2024 con l’obiettivo di colmare il gap nella memoria collettiva riguardo al ruolo svolto dalle donne nel settore musicale. Un lavoro di ricerca d’archivio che offre una visione generale della scena musicale omessa dalla Storia e che, al contempo, contribuisce a diffondere repertori inediti e trasversali. Nato dall’incontro tra le idee e le parole di Margherita Macrì, la voce di Valentina Lo Surdo, la direzione artistica di Roberta Pandolfi e di Francesca Perrotta, il podcast si articola in 8 puntate che ci accompagnano alla scoperta di figure straordinarie, dei loro capolavori musicali e del processo creativo e artistico che li ha contraddistinti. Racconti di ribellione, imperfezioni e virtuosismi emotivi contro ogni convenzione e canone di genere, arricchiti da aneddoti ed episodi quotidiani che hanno reso queste figure protagoniste dissidenti del loro tempo. Le puntate sono disponibili gratuitamente sulle piattaforme Spotify, Apple music, Google music, Amazon music e altre in via di definizione. I link all’ascolto si troveranno anche sul sito di Pesaro 2024 – Capitale italiana della cultura.
Redazione: Come è nata l’idea di questo podcast? Quali le motivazioni che hanno fatto sì che un progetto di questo tipo potesse prendere forma?
Margherità Macrì: La genesi di questo progetto, per quanto mi riguarda, posa su alcuni punti fondamentali: il primo è l’amicizia con Francesca, che conosco da quando siamo piccolissime e con la quale abbiamo sempre seguito dei percorsi di crescita, umana e professionale, paralleli, confrontandoci, scornandoci e sostenendoci a vicenda. È stato un momento magico quando abbiamo avuto la possibilità di realizzare un progetto che avevamo immaginato insieme. Non si può spiegare davvero, ma spero che ascoltando le puntate si colga anche questo entusiasmo.
L’altro punto è la consapevolezza di una disaffezione sempre più diffusa nei confronti della musica classica, soprattutto tra i giovani. Quindi l’idea è unire questo genere a uno strumento di facile accesso e comprensione, come può essere un podcast – e che certamente richiede anche l’adozione di un nuovo linguaggio per parlare di musica classica, meno formale, meno rigido – per provare a divulgarlo il più possibile. Infine, la cosa principale, il fatto che, come diceva Sylvia Plath, “scrivere di donne è un atto politico”. E io ci credo profondamente. Conoscere la vita e l’opera di queste 8 musiciste significa provare a riscrivere il canone, ma anche preparare il terreno, creare varchi, per tutte le musiciste che verranno.
R: Ogni selezione è sempre una storia di inclusioni ed esclusioni. DiClassica racconta la vita di otto compositrici degli ultimi due secoli: qual è stato il criterio che ha guidato le vostre scelte? Ci sono escluse illustri a cui avreste voluto dedicare una puntata?
Roberta Pandolfi: Ho scelto le 8 protagoniste cercando di bilanciare diversi punti di vista: la musica del passato e la musica del presente e le aree geografiche del mondo che in campo musicale spesso corrispondono anche ad aree stilistiche. Andiamo dall’America fino alla Cina…
Un’altro criterio è stato quello di scegliere anche mestieri diversi, quindi non solo compositrici ma anche due concertiste e una direttrice d’orchestra. C’è anche un’eroina locale (rispetto a Pesaro), di Fossombrone, per cui mi sembrava giusto rendere omaggio.
Ci sono molte escluse illustri e meno illustri che avrei voluto inserire nella programmazione, ma ci riserviamo di poterlo fare in un prossimo futuro. Ad esempio non è stato ancora toccato il sud america o l’Africa né il medio oriente, ma vi assicuro che c’è molto da scoprire.
R: Il podcast è un viaggio culturale tra Cina, Fossombrone, Stati Uniti, Croazia… Da cosa sono accomunate, dal punto di vista della creazione artistica e della concezione musicale, le 8 donne di cui raccontate le vite?
MM: Personalmente io non sono un’esperta di musica classica e contemporanea, ma sono una grande estimatrice. Pertanto ho dovuto studiare molto per entrare nelle vite di queste donne scelte da Roberta. Passando mesi ad ascoltare la loro musica e le loro parole, a leggere le loro interviste e le loro biografie, posso dire che la cosa che le accomuna, oltre al grandissimo talento, è il fatto che ciascuna di loro ha introdotto significative innovazioni o contribuito in modo peculiare all’evoluzione della musica colta, spesso operando in contesti che poco riconoscevano il loro genio. Queste storie sono esempi luminosi di come talento e determinazione possano sfidare i canoni prestabiliti, anche in un campo che fino a pochissimi anni fa si è sempre rivelato estremamente restrittivo, come quello della musica classica, appunto.
RP: Le 8 protagoniste non sono accomunate da una concezione artistica o una visione musicale e come loro vissuto personale, hanno storie davvero eterogenee. Nel comporre una playlist per il podcast, ho ritenuto più opportuno che i profili fossero vari, anche dal punto di vista musicale, per far sì che ogni ascoltatore potesse trovare la sua eroina. Il messaggio globale che invece può accomunarle tutte è che , anche per quelle con meno riflettori puntati addosso, c’è una storia che vale la pena di essere raccontata e spero che questo aspetto esca fuori in maniera preponderante.
R: Questa domanda è per Francesca Perrotta. Prima di essere una direttrice, sei una pianista con una formazione classica. Ci vuoi raccontare com’è stato il passaggio tra queste due attività? Cosa dei tuoi studi pianistici ha facilitato il percorso per diventare direttrice? O, al contrario, ci sono stati ostacoli legati alla tua forma mentis da pianista?
Francesca Perrotta: Nel lungo periodo in cui ho vissuto a Bologna ho intessuto innumerevoli relazioni professionali con le più disparate figure professionali legate al mondo della musica, ed ho avuto tutte le opportunità per esprimere le mie competenze e fare molteplici esperienze artistiche. Ho lavorato come docente di pianoforte e pianista solista, ma anche come camerista, ho lavorato a progetti di tango tradizionale, di recupero del repertorio folk con validi cantautori imbattendomi in lavori etnomusicologici, ho condotto laboratori corali e l’ultima di queste esperienze è stata coordinare e dirigere un’orchestra di giovanissimi. Fino a questo momento, tutto quello che era nelle mie conoscenze teoriche e pratiche mi permetteva di destreggiarmi con facilità, ma questo nuovo progetto richiedeva dei nuovi studi di direzione d’orchestra. E’ stato questo il LA: ho iniziato a studiare direzione in un’istituzione accademica ed è stato solo l’inizio di una trasformazione che è avvenuta gradualmente.
Il pianoforte dà una visione polifonica della musica, armonicamente completa, e certamente questo ha facilitato la lettura delle partiture, ma ho dovuto compensare i miei studi di composizione intraprendendo un corso di studi specifico.
R: Nella tua esperienza di direttrice, hai incontrato ostacoli legati al tuo genere? Detto schiettamente: credi che una donna abbia più difficoltà ad affermarsi rispetto a un uomo anche in questo settore?
FP: Non parlerei di ostacoli, ma di consuetudini. E’ consueto vedere un uomo sul podio, rivolgersi ad un uomo, incontrare un docente di direzione uomo; è consueto il fatto che uomini parlino con uomini di direzione, inevitabilmente andando a costituire un linguaggio maschile ed un ambiente ‘da uomini’. Le donne alla direzione scardinano una consuetudine, e come ogni azione di forte cambiamento dello status quo comporta delle resistenze, dei fautori e degli oppositori. E’ un processo normale che io vivo in quest’ottica senza perdere il focus di quello che sto facendo.
Mi chiedo sempre cosa sto facendo e perché, condensando i miei propositi dentro dei progetti.
Se volete sapere se è facile, certamente non lo è: è come guidare una bicicletta con i freni inseriti: immaginate la forza che bisogna imprimere sui pedali per far girare le ruote!
R: Quando, dal vostro punto di vista, è possibile individuare un punto di svolta nel gender gap del settore musicale? O meglio, credete che questo punto di svolta ci sia effettivamente stato?
F: Non credo ci sia effettivamente un punto di svolta, probabilmente il processo di globalizzazione ha permesso alle informazioni di girare in maniera più capillare facilitando l’evolversi dei fenomeno.
Il gender gap ci racconta di una minoranza, che però non è più tale se chi vi appartiene inizia a conoscere l’esistenza di sempre più persone nella sua condizione. La chiave per uscirne è fare rete, e questo mi pare che stia avvenendo in maniera sempre più forte ed inesorabile tramite molti momenti. Nella direzione, la figura di riferimento vivente è Marin Alsop, che grazie ad una serie di azioni concrete di supporto alla carriera delle donne, e tramite il suo attivo esempio professionale, sta attivando un fortissimo empowerment nell’ambiente della direzione tra le donne.
R: Quale tra le storie raccontate ha più colpito la vostra attenzione? Ci raccontate un brano presente in una delle puntate che deve essere per forza ascoltato?
F: La puntata di Sylvia Caduff parla di una direttrice, io sono certamente molto colpita da tutte le vicende che riguardano la sua affermazione professionale. Per lei è stato modificato lo statuto dell’orchestra sinfonica di Berlino, che vietata alle donne di dirigere. Questo aneddoto mi ha colpita profondamente. Ma credo che ogni storia parli diversamente ad ognuno di noi, ed ogni storia di DiClassica fornisce racconti e visioni molto forti, ed anzi sarebbe bello sentire il punto di vista degli ascoltatori e delle ascoltatrici: quali storie vi hanno colpito di più?
MM: Io credo che ognuno ascoltando le diverse puntate possa trovare la sua storia e la sua musica. Sono personalità talmente eterogenee, che hanno composto o suonato musica talmente diversa che è complicato indicarne una per tutte. Anche dai vari feedback che stiamo ricevendo emerge questa cosa. Alcuni ci dicono che preferiscono un pezzo e non comprendono un altro, altri impazziscono per una composizione molto sperimentale e altri invece la sentono lontanissima. Poi, certamente io ho la mia preferita, ed è Dora Pejacevic. Di origini nobili, prende presto le distanze dall’aristocrazia croata che l’ha allevata perché la disgusta l’indifferenza della sua stessa classe sociale di fronte alla miseria e alla distruzione della prima guerra mondiale. Innamorata delle letteratura, si fa ispirare da Wilde, Ibsen e Dostoevskij, e quando sta per partorire il suo unico figlio, Theo, in un presagio di morte prematura, scrive in un biglietto un pensiero estremamente contemporaneo: “Che sia maschio o femmina, comportatevi allo stesso modo; ogni talento, ogni genio, richiede pari considerazione”.
RP: Siamo tre donne e abbiamo trovato tre eroine diverse. Già solo in questo piccolo cerchio si compie la missione del podcast: trovare la propria musa, farsi ispirare dalla vita di una donna che, anche inconsapevolmente, ha percorso un pezzo di strada per noi.
La mia preferita è da sempre Sofja Gubaidulina, ce l’ho anche tatuata sull’avambraccio sinistro. Da sempre sono affascinata dal mondo musicale sovietico e da come, chiusi dietro una cortina di ferro, siano riusciti a creare avanguardie musicali di assoluta modernità e bellezza. Gubaidulina non fa eccezione e la sua maestria è ormai apprezzata a livello globale. Il misticismo sprigionato dalle sue opere conquista anche un’atea come me. Se non è potenza questa…
A cura di Matilde Crucitti e Tommaso Garavaglia.