Profili storico-filosofici e destini delle istituzioni: recenti suggestioni sulla cifra di Habermas

Anche se ormai più che novantenne (per inciso ha compiuto 96 anni a giugno 2025), Jürgen Habermas si è confermato ancora capace di produzioni di studio di ampia portata, come testimoniato dalla sua recente monumentale trattazione sulla storia della filosofia, Auch eine Geschichte der Philosophie (2 voll., Suhrkamp, Frankfurt a. M., 2019, di cui l’editore Feltrinelli ha avviato la traduzione in Italia dal 2022 con il titolo Una storia della filosofia, non ancora completa), cui sostanzialmente resta sottesa la riaffermazione della figura dello studioso che va al di là del filosofo o del sociologo e si compie in assoluto nell’intellettuale pubblico. Ma, alla luce di questo nuovo momento di una carriera intellettuale straordinaria che lo ha visto protagonista autorevole in ambiti filosofici, sociologici, politici, epistemologici, culturali, storici, teologici, e che sposta ancora avanti l’orizzonte della sua visuale, quale deve essere considerata dunque la cifra attuale del vecchio allievo di Adorno? Si tratta di una questione che ha senso porre non solo accademicamente e a cui, chi è sensibile a comprendere la cultura e lo spirito di un’epoca, probabilmente non resta indifferente. Sulla scia della ricezione critica complessiva e più aggiornata nel dibattito contemporaneo, è allora possibile configurare alcune rapide ma essenziali e responsabili suggestioni di riflessione, e in prima istanza sembra legittimo ritenere che Habermas si muova nell’ottica delle radici normative del pensiero post-metafisico e ripensi, attraverso un processo cognitivo e autoriflessivo, la teoria stessa dell’evoluzione sociale, adoperando la nozione di “genealogia” accanto a quella di “ricostruzione”(si veda l’utile e indicativa raccolta: Seminario di Teoria Critica, Genealogia del pensiero post-metafisico. Riflessioni su «Una storia della filosofia» di Habermas, con una Postfazione di Jürgen Habermas, a cura di Calloni, M., Cortella, L., Ferrara, A., Mazzocchi, V., Petrucciani, S., Privitera, W., Mimesis, Milano, 2023). Lo sforzo habermasiano di richiamare alla nostra memoria le stazioni di apprendimento morale, che la ragione ha realizzato nella cultura e nelle istituzioni politiche della modernità, pone in effetti il suo pensiero come una contro-narrazione rispetto a narrazioni corrosivo-decostruttive come quelle di Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger, Michel Foucault, Jacques Derrida (aspetto opportunamente sottolineato da Mazzocchi, V., Cos’è la religione? Attraversando Habermas, in Seminario di Teoria Critica, Genealogia del pensiero post-metafisico. Riflessioni su «Una storia della filosofia» di Habermas, con una Postfazione di Jürgen Habermas, a cura di Calloni, M., Cortella, L., Ferrara, A., Mazzocchi, V., Petrucciani, S., Privitera, W., cit., specialmente p. 55), che apre a un apprendimento reciproco tra fede e sapere, tra teologia e pensiero laico post-metafisico. Il fulcro filosofico e sociologico della sua ricerca si sostanzia ora dunque nell’articolata dialettica attraverso cui i processi di apprendimento sono capaci di forgiare nel tempo le strutture di coscienza, le istituzioni e le tradizioni culturali e religiose nel contesto della società occidentale. 

Tutto ciò posto, in questa sua dimensione di storico della filosofia, in Habermas non scompare il retaggio sociologico e politologico e quindi la comprensione della sua cifra deve sempre rimandare alla sua attenzione decisiva al rapporto tra istituzioni e società. In effetti, il ruolo del diritto e della sfera politica che caratterizzano il pensiero habermasiano, in una visione che non trascura mai l’importanza della morale e dell’apertura all’apprendimento, restano ancora i tratti che permettono di collocarlo in pieno nel tempio della storia della filosofia occidentale. Senza qui appesantire troppo il discorso, allora è possibile limitarsi a sottolineare anche alcune possibili implicazioni di base in merito (ben evidenziate nella recente e ampia lettura critica di De Simone, A., Soggetti di diritto. Il discorso filosofico-giuridico di Jürgen Habermas, Mimesis, Milano, 2025): così ad esempio è interessante evidenziare la continuità problematica nel percorso Hegel-Marx-Habermas, dalla filosofia del diritto hegeliana, passando per la critica marxiana ad essa, e giungere a Fatti e norme, Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia(Guerini e Associati, Milano, 1996), di Habermas, in  base alla quale si può in effetti pensare che la riflessione filosofico politica e filosofico giuridica supera lo specialismo disciplinare, perché rimanda a visioni epocali che poi ricadono nella storia della filosofia più solenne; oppure si può visualizzare lo sbalzo nella idea del diritto nel parallelo Habermas-Weber, come pure la critica alla concezione luhmanniana funzionalista del diritto, che Habermas coglie e che lo porta a vedere il diritto non solo come medium organizzativo nell’ambito di processi di razionalità formale, ma anche come medium comunicativo che struttura le esigenze morali del mondo della vita; oppure ancora, riflettendo sul rapporto Habermas-Rawls, si può rilevare che, sebbene entrambi raccolgono molto dell’insegnamento dell’etica kantiana, gli esiti sono differenti, poiché il contrattualismo di Rawls si distingue dal deontologismo di Habermas, dal momento che il secondo è indirizzato con maggiore attenzione al ruolo degli orizzonti culturali, alla comunicazione di senso, di verità, di opinioni. 

In definitiva, il canone habermasiano, che intreccia sempre il discorso filosofico con quello delle scienze sociali (assurgendo a “progetto culturale per le società democratiche” come rilevato da De Angelis, G., Verso una società razionale. Il pensiero di Jürgen Habermas, Luiss University Press, Roma, 2012), si impone per il senso della sua responsabilità intellettuale rispetto alla civiltà e alle istituzioni, la cui importanza tanto più non va trascurata, se si considera la tradizionale difficoltà o diffidenza che la Scuola di Francoforte(da cui Habermas discende) aveva nel valutare il ruolo delle istituzioni nelle società avanzate, perché essa era più presa dalla priorità di rendere esplicite le contraddizioni prodotte dall’ingiustizia sociale inerente al capitalismo (per una valutazione d’insieme su questo punto, si veda il classico e sempre opportuno Wiggershaus, R., La Scuola di Francoforte. Storia, sviluppo storico, significato politico, Bollati Boringhieri,Torino, 1992). La filosofia di Habermas, in tutte le sue espressioni, conserva sempre un significato politico profondo, perché in essa si sostanzia simultaneamente il punto di vista delle istituzioni e del loro funzionamento e il punto di vista degli uomini in quanto soggetti che con queste istituzioni si rapportano: è un approccio, che tiene insieme praticamente macro e micro, relazione e individuazione, e si iscrive in un filone difficile e complesso (mi sono già impegnato sulla cruciale portata politica del pensiero habermasiano in Giacomantonio, F., Introduzione al pensiero politico di Habermas. Il dialogo della ragione dilagante, Mimesis, Milano, 2010). Così, nel riconoscere la centralità della dimensione istituzionale e normativa parallela a quella della formazione morale della soggettività, lungo il corso dei processi storici e filosofici sino alla tarda modernità che oggi attraversiamo, non deve sembrare un azzardo ritenere che Habermas riporti in auge una visione filosofica che sotto certi aspetti si era fermata a Hegel, generalmente ritenuto l’ultima tappa della filosofia in senso tradizionale: benché Habermas sia spesso, correttamente, posto in continuità con un tradizione filosofica kantiana, proprio la sua recente grande opera, mossa dall’esigenza genealogico-ricostruttiva rispetto alla storia della filosofia, sorprendentemente lo avvicina allo spirito di Hegel, quando quest’ultimo affermava significativamente che la filosofia è «il sapere di ciò che è sostanziale al suo tempo» (Hegel, G. W. F., Introduzione alla storia della filosofia, Laterza, Roma-Bari, 1982, p. 96). Anche in virtù di questo, davvero dobbiamo pensare che, rispetto all’insegnamento di questo grande autore del nostro tempo, capace di restituirci una vera e propria cartella diagnostica della modernità postmetafisica e della globale Zeit, «si tratta anche e soprattutto di procedere criticamente attraverso Habermas e oltre in modo da incamminarsi in un movimento di pensiero decisivo per la nostra autocomprensione culturale» (De Simone, A., Soggetti di diritto. Il discorso filosofico-giuridico di Jürgen Habermas, cit., p. 350).


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