La vita umana può andare male in vari modi e per differenti ragioni: come conseguenza di malnutrizione, malattie o lesioni, o per morte prematura; per la malevolenza, l’invidia o l’insensibilità altrui; a causa di mancanza di conoscenza di sé o di eccesso di dubbi su di sé – la lista è lunga. Io voglio concentrarmi sulle vite che vanno male a causa di un desiderio mal diretto o frustrato, le quali possono essere di tipo diverso. Una donna che ha posto il suo cuore in una sola cosa – il successo atletico, la fama in quanto persona celebre, la preminenza nel campo della fisica – e non riesce a raggiungerla può di conseguenza condurre la vita infelice di una donna delusa. Un uomo che vuole troppe cose differenti ed è periodicamente distolto dalla sua ricerca di una cosa dalle attrattive delle altre può improvvisamente comprendere di aver sprecato la sua vita senza realizzare molto. Coloro che vogliono e aspirano a troppo poco, magari per paura del dolore della delusione, possono non riconoscere che i loro talenti e capacità non sono mai stati usati in modo adeguato. Tali esempi chiariscono che, allorquando la vita va male in questi vari modi, il desiderio frustrato, mal diretto o inadeguato ha avuto un ruolo, anche se non l’unico, nel farla andare male. La donna che ha posto il suo cuore nel successo atletico potrebbe non conseguirlo a causa di una lesione, ma è la sua incapacità di trovare e ricercare altri oggetti di desiderio che rende deludente la sua vita. L’uomo che vuole e che aspira a troppo poco lo fa a motivo di una mancanza di conoscenza di sé o di un eccesso di dubbio nei suoi propri confronti o per entrambi i motivi. La persona frivola che ha inseguito troppe cose può aver avuto complici che l’hanno incoraggiata nella sua dispersione, non amici che le hanno dato buoni consigli. Coloro che investono tutte le loro speranze in un singolo progetto di vita e sono poi frustrati nel loro tentativo finale di realizzarlo (come Gatsby nel romanzo di Scott Fitzgerald) avranno “pagato un prezzo troppo alto per avere vissuto troppo a lungo con un unico sogno”1. Se allora, riflettendo su questi casi, cerchiamo di capire come le cose possono andare bene o male per via dei nostri desideri, dobbiamo tenere in mente le relazioni tra i nostri desideri e molti altri aspetti della nostra vita. Un interrogativo da porre relativamente a coloro che tra noi conducono vite così imperfette è: hanno desiderato ciò che avevano buone ragioni di desiderare, date le loro circostanze, il carattere, le relazioni e la storia passata? Prima di porre proficuamente tale questione tuttavia dovremmo mettere in rilievo alcune altre caratteristiche dei nostri desideri. La prima è la grande varietà dei loro oggetti e, poiché identifichiamo i desideri a partire dai loro oggetti, la grande varietà dei nostri desideri. Lei vuole, tra le altre cose, una tazza di caffè, risolvere questa equazione differenziale, far parte del locale gruppo teatrale, non dover più tornare a South Bend nell’Indiana. Lui vuole dimagrire, essere un insegnante di successo, visitare Firenze prima di morire. Ciò che essi desiderano è che qualcosa si realizzi in qualche momento futuro. Tuttavia ciò che desiderano talvolta per il futuro è che le cose continuino proprio come sono ora. Lei è molto piacente e vuole continuare a essere piacente. Lui è il fiero possessore di una Bugatti e vuole continuare a essere il fiero possessore di una Bugatti. Inoltre desideriamo spesso non solo che le cose vadano bene per noi ma anche che vadano bene o male per certi altri individui. Lei vuole che alla sua amica vada bene l’esame e che si sviluppi il locale banco alimentare, lui sarebbe assai compiaciuto se qualcosa di veramente brutto accadesse al venditore che lo ha imbrogliato quando ha acquistato la Bugatti. Tali esempi comuni dirigono la nostra attenzione ancora verso altri aspetti rilevanti di alcuni desideri. Ci sono desideri che tutti noi condividiamo e che tuttavia possono sfuggire all’attenzione in quanto sono facilmente e abitualmente soddisfatti – il desiderio di avere da mangiare a sufficienza ad esempio. Ma per coloro per i quali la fame, come conseguenza della povertà o della carestia, è un’inevitabile esperienza di bisogno percepito quotidianamente, tale desiderio sarà urgente e impossibile da mettere da parte. Tuttavia non dovremmo fare l’errore di identificare il desiderio di mangiare con il bisogno percepito di fame. Consideriamo il caso di una psicologa sperimentale che sta studiando gli effetti della privazione di cibo su un certo numero di soggetti, lei stessa inclusa. Uno di questi effetti è un bisogno percepito di cibo intensamente crescente. Tuttavia la sperimentatrice intende non mangiare, e non vuole farlo, per un lungo periodo di tempo in modo da poter studiare i cambiamenti che avvengono in sé stessa. La fame percepita è una cosa, il desiderio di mangiare un’altra. Ciò potrebbe accadere nel caso di una modella vivamente desiderosa di rimanere straordinariamente ed elegantemente magra: lei percepisce la fame ma non vuole mangiare. Naturalmente è assai diverso per gli infanti umani, per i quali l’espressione del desiderio è solo l’espressione di un bisogno avvertito e l’espressione di frustrazione nel non veder soddisfatto quel bisogno immediatamente. La differenza tra tali infanti e gli adulti umani è per lo meno triplice. A differenza del bambino, avvertendo un bisogno corporale l’adulto è in grado di chiedere: “il qui e l’ora sono il posto e il tempo giusto per soddisfare questo bisogno?” ed eventualmente di rispondere come fanno la psicologa sperimentale e la modella immaginarie. Tali adulti riconoscono che i loro bisogni, siano questi avvertiti o meno, sono una cosa e ciò che vogliono fare per soddisfarli o meno un’altra. Distinguendo così bisogni e desideri, gli adulti si differenziano dai bambini in un secondo modo, in quanto guardano al di là del presente verso una serie di futuri (domani, il mese successivo, dieci anni dopo) allorquando diverrà possibile ottenere alcuni oggetti dei desideri presenti che sono ancora conseguibili. Ed essi sanno, sebbene non lo abbiano sempre a mente, che il modo in cui agiscono ora può rendere più facile o più difficile o impossibile soddisfare quei desideri nel futuro. Di conseguenza essi dovranno talvolta considerare se devono o no astenersi dal soddisfare alcuni desideri presenti per lasciare aperte alcune future possibilità. Un terzo modo in cui gli adulti umani differiscono dagli infanti umani in merito ai loro desideri è la consapevolezza, propria degli adulti, non solo del proprio futuro ma anche del proprio passato, in quanto sanno che una volta erano bambini e ora non lo sono più e che i loro desideri in quanto adulti sono significativamente differenti dai loro desideri in quanto bambini piccoli. In altre parole essi sanno, anche se raramente ci riflettono sopra, che i loro desideri hanno una storia – una storia nel corso della quale gli oggetti di desiderio si sono moltiplicati, alcuni dei loro desideri precedenti si sono trasformati, altri sostituiti. Esperienze nuove e mutevoli e relazioni nuove e mutevoli hanno fornito una gamma sempre più ampia di possibili oggetti di desiderio. La libido infantile è divenuta prima libido adolescenziale e poi desiderio sessuale adulto, la fame infantile è divenuta gusto per fish and chips o foie gras e bisogni simili a quelli prima elencati possono aver trovato posto nella loro vita.

Se troviamo motivo di riflettere sulla storia dei nostri propri desideri, diventiamo presto coscienti di altri aspetti di questa storia. Innanzitutto essa è inseparabile non solo dalla storia delle nostre emozioni, dei nostri gusti, affetti, abitudini e convinzioni, ma anche da quella del nostro sviluppo biochimico e neurofisiologico. Senza dubbio le nostre emozioni sono strettamente connesse ai nostri desideri: ci arrabbiamo quando un male che non volevamo vedere inflitto a un amico gli è inflitto gratuitamente, ci addoloriamo quando qualcuno del quale desideriamo il benessere si ammala o muore. Altrettanto avviene per i nostri gusti e affetti: io voglio i biglietti per questo concerto a motivo della mia predilezione per quel tipo di musica, ma voglio che la radio sia spenta a causa della mia avversione nei confronti di quell’altro tipo di musica; io voglio che questa studentessa riesca bene a motivo del mio affetto nei confronti dei suoi genitori. Per abitudini e convinzioni la connessione coi desideri è di nuovo ovvia. Inizialmente non ho alcuna simpatia per questo tipo di musica – madrigali tudoriani, punk rock o altro. Poi apprendo che qualcuno del cui giudizio ho molto rispetto non solo apprezza questo tipo di musica come ascoltatore ma sta imparando a suonare uno strumento al fine di diventarne esecutore. Colpito da ciò, comincio ad ascoltare attentamente alcune registrazioni, cambio le mie abitudini, reindirizzo la mia attenzione e, dopo un po’ di tempo, riconosco il guadagno nell’averlo fatto. Un cambiamento di convinzione e lo sviluppo di una nuova abitudine sfociano in cambiamenti dei miei desideri – quali esecutori voglio ascoltare e in quali occasioni voglio che la radio sia spenta. Per convincersi che la storia dei nostri desideri è anche inseparabile dalla nostra storia biochimica e neurofisiologica, è sufficiente ricordarsi dei tipi di effetti che possono avere sui nostri desideri varie malattie e droghe – alcol, nicotina e marijuana incluse. Ma dovremmo pure fare attenzione a varie scoperte fatte da ricercatori nel campo delle neuroscienze relative a ciò che non deve accadere nel cervello perché i nostri desideri e le nostre emozioni funzionino normalmente, a scoperte relative a ciò che accade quando la nostra vita è alterata da emozioni e desideri derivanti da danni o da altre interferenze col normale funzionamento del cervello. Perché allora dovremmo concentrarci in particolar modo sui desideri in un panorama di tale complessità? Consideriamo due diversi tipi di circostanze che ci danno una buona ragione per riflettere sui nostri desideri. Le circostanze del primo tipo fanno parte della trama della vita di tutti – circostanze in cui non possiamo evitare di fare scelte che determineranno la forma della nostra vita futura, come quando gli studenti decidono per che tipo di lavoro prepararsi, o qualcuno a metà carriera considera possibilità alternative, o qualcuno decide di sposarsi oppure no, o qualcuno decide di impegnarsi in una vita di contemplazione religiosa o in una vita di politica rivoluzionaria. Le circostanze del secondo tipo si presentano allorquando la routine della vita quotidiana viene interrotta per esempio da una malattia grave o dallo scoppio di una guerra o dalla scoperta di essersi separato dai propri amici o dal venire a sapere in modo inaspettato di essere stati licenziati o di dover affrontare un divorzio. In situazioni simili una piccola riflessione ci fa riconoscere che, se devo rispondere alla domanda “che cosa farò?”, è meglio prima fermarsi e porre la domanda “che cos’è che io voglio?”. Occorre un po’ più di riflessione per riconoscere che ho bisogno pure di pensare ai miei attuali desideri in modo critico, di chiedermi “ciò che voglio ora è ciò che voglio che io voglia?” e “ho ragioni sufficientemente buone per volere ciò che ora voglio?”; occorre un ulteriore supplemento di riflessione per riconoscere che probabilmente andrò fuori strada nel rispondere a tali domande se non mi chiedo pure come sia giunto a essere il tipo di persona che ora sono, con i desideri che ora ho, se non mi interrogo cioè sulla storia dei miei desideri.
