Gli abiti di Game of Thrones: mappe che svelano i personaggi

 

 

L’articolo è un estratto del contributo nel volume: Sara Martin, Valentina Re (a cura di) Game Of Thrones. Una mappa per immaginare mondi, Mimesis, 2017.

 

Il costume e la scenografia nel cinema come nella televisione prevedono una trasformazione fondamentale: i corpi devono diventare immagini. Studiare e capire il processo di realizzazione del costume cinematografico e televisivo non significa solo indagare uno stile visivo, di costruzione dello spazio e di definizione del quadro cinematografico; i costumi infatti sono anche narrazione, incidono nella determinazione dei personaggi e del racconto, nella resa dei sentimenti e delle emozioni che in essi circolano. Come ha spiegato lo storico dell’arte Carlo Arturo Quintavalle in un saggio dedicato al rapporto tra abito, riferimento iconografico e narrazione: “la progettazione del design del corpo, cioè dell’abito, è anche progettazione della scena, dei comportamenti, è progettazione delle maschere, dei costumi, dei travestimenti che i singoli vogliono assumere entro un contesto mutevole e i cui mutamenti peraltro essi stessi vogliono contribuire a modellare” (. “Trascrizioni e scene della moda”, in D. Liscia Bemporad (a cura di), Il costume nell’età del rinascimento, EDIFIR, Firenze 1988,p. 31).

La serie televisiva Game of Thrones tra i diversi piani d’interesse, si distingue nettamente dalle altre produzioni seriali contemporanee per la ricchezza e l’accuratezza dei costumi indossati dai tanti personaggi che popolano la saga. A partire dagli abiti minuziosamente ricamati a mano, fino alle armature, ai mantelli e ai cappotti realizzati con lane, feltri, pelli e pellicce, il design dei costumi, oltre ad essere di straordinaria spettacolarità visiva, fornisce una chiave di lettura sullo sviluppo e sull’arco di trasformazione di ciascuno dei personaggi della serie.

I vestiti indossati dai personaggi di Game of Thrones rispondono a quel piacere che ricerca un certo tipo di spettatore-osservatore nel riconoscere il dettaglio, il particolare, la bellezza. Ogni dettaglio diventa un oggetto di studio paragonabile a una mappa, uno strumento per ricostruire l’identità del protagonista, per conoscere il suo passato e per intuirne i suoi comportamenti futuri. L’insistenza sul particolare – ricercato fino all’ossessione, alla mania – accompagna il personaggio in continua crescita interiore, segnato da un grottesco perfezionismo griffato, ma anche da una malinconica disillusione aderente all’attitudine paranoica dell’uomo contemporaneo. Il piacere per il dettaglio è perfino esasperato nell’universo di Game of Thrones. Se consideriamo per esempio che per sviluppare la lingua Dothraki, la produzione HBO ha ingaggiato David J. Pearson, un “creatore di lingue professionale”, comprendiamo anche con chiarezza l’investimento produttivo nel settore dedicato alla scenografia e al costume della serie. Gli abiti realizzati per i numerosi personaggi della saga, in particolar modo quelli femminili, devono raccontare storie, devono alludere a possibili sviluppi futuri che lo spettatore può intuire se presta attenzione ai ricami, ai drappeggi, ai monili. Game of Thrones crea un universo a sé, dove coerenza e realismo sono obbligatori per la fidelizzazione dello spettatore e si ottengono grazie alla cura del particolare, anche il più piccolo e quasi impossibile da notare. I dettagli degli abiti della serie sono il frutto di un lavoro lungo, impegnativo. Se guardiamo con attenzione, possiamo scoprire, per esempio, che i costumi di Daenerys Targaryen, man mano che la saga avanza, vanno a ricoprirsi di pieghe sempre più piccole che mimano le scaglie dei draghi, o che la battaglia per il dominio tra Lannister e Stark si manifesta lungo tutto l’abito da sposa di Sansa, dove meta-lupi ricamati lottano e vengono alla fine battuti dal leone, che troneggia sinistro sulla nuca.

Responsabile della realizzazione di tutti i ricami dei preziosi abiti è Michele Carragher, sotto la direzione, fino alla fine della quinta stagione della costumista Michele Clapton. Niente nei costumi di questi personaggi è lasciato al caso: i simboli delle casate sono cuciti nei mantelli, nei copricapi, nei busti e nelle tuniche con finalità sia decorativa che narrativa. I personaggi “crescono” assieme ai loro abiti, fedeli alleati delle loro avventure tra terre bruciate dal sole, tundre innevate, città dorate e porti umidi e sporchi. Michael Carragher si concentra solo sulla decorazione dei costumi. Utilizzando le competenze in ricamo e prendendo ispirazione dall’ampia conoscenza dei tessuti storici, lavora direttamente su abiti già completati da altri sarti; alterna varie tecniche installando a volte vere e proprie sculture di fili e decorando diverse superfici. Negli abiti realizzati a partire dai disegni della costume designer Clapton, Carragher rielabora il concetto stesso di costume di scena, così come lo conosciamo, le vesti cessano di essere dei manufatti sartoriali per avvicinarsi all’ideale di una mappa realizzata addosso all’attore utilizzando una palette di materiali, colori e forme eterogenee. Di questi materiali i tessuti rappresentano solo una parte. Vengono usate le fibre vegetali, le conchiglie, il legno, elementi modulari metallici, anelli, borchie, lamine, pietre preziose garze e reti. Il tessuto porta i segni di una visione arcaica e magica del mondo, dichiara la sua natura di manufatto, molto distante dalla moderna industria tessile. Siamo più vicini a un artigianato che si imparenta con l’arte che non ai processi di sartoria comunemente in uso nel cinema e nella televisione.

 

La costume designer si è ispirate in modo molto libero, per la realizzazione dei vestiti, alla storia dell’abbigliamento storico pur mantenendo un richiamo generico di carattere medievale. Date le location e i climi assai diversi in cui si snodano le vicende della saga, hanno avuto la possibilità di far riferimento a stili e culture eterogenee. È necessario precisare che in generale, nello studio del costume storico – e nel caso di Game of Thrones in maniera evidente – indagare sulle fonti del passato per capire la progettazione di un abito è un’impresa ardua e talvolta rischiosa. Le fonti sono spesso infedeli o “cariche di sensi funzionali a discorsi e a sistemi di significazione diversi, che devono essere urgentemente colti, pena il finire per non comprendere più nulla dell’insieme dei problemi.” (cfr. Quintavalle, “Trascrizioni e scene della moda”, cit., p. 42-43) I testi di riferimento per la realizzazione di costumi e abiti storici infatti, siano essi dei testi pittorici (quadri, affreschi), o plastici, o grafici, “muovono tutti da ideologie”, ovvero sono riferimenti iconografici che hanno senso all’interno di un contesto funzionale a un progetto di racconto. Per essere più chiari: l’abito dipinto è parte del racconto di quel dipinto, non è mai semplicemente “indicativo” di quella determinata epoca, classe sociale, situazione climatica. Le rappresentazioni dell’arte, in riferimento alla moda e al costume, non sono mai immagini fedeli di quella realtà, sono sempre “infedeli immagini di una realtà, o meglio, immagini di una realtà che vuole essere costruita come discorso ideologico, come modello.” (cfr. Quintavalle, “Trascrizioni e scene della moda”, cit., p. 42-43)

Premesso questo concetto fondamentale, possiamo rintracciare alcuni dei riferimenti principali nella costruzione degli abiti di Game of Thrones. La costume designer s’ispira all’abbigliamento dei beduini per vestire i Dothraki, alla Persia e all’antica cultura mediorientale per vestire gli abitanti di Qarth, porto commerciale sulle porte di Giada dove la ricchezza e l’opulenza sono esibite nei palazzi (ricordiamo per esempio la Sala dei Mille Troni, il tempio della memoria e la Casa degli Eterni); la moda femminile impone di indossare abiti che lascino un seno scoperto, mentre gli uomini prediligono vesti di seta decorate con perline. I guerrieri indossano armature di bronzo a lamine ed elmi a becco dotati di zanne di rame; i mercanti più ricchi applicano dei gioielli al naso e nelle vesti. Gli insetti preziosi ricamati o sotto forma di monili, sono sempre in primo piano.

Il popolo libero che vive oltre la barriera invece si ispira alle tribù Inuit, gli originari abitanti delle regioni costiere artiche e subartiche dell’America Settentrionale.Per la realizzazione delle armature, sono state prese come modello quelle persiane e giapponesi per poi essere rielaborate in funzione delle necessità narrative della serie. I vestiti delle prostitute sono uguali a quelli degli altri personaggi, ma lasciano in mostra sempre alcune parti del corpo in più, pensiamo per esempio agli abiti ariosi e trasparenti di Shae, l’amatissima concubina di Tyiron Lannister. Ricordiamo in particolare un leggerissimo vestito color porpora che la donna indossa durante la sua fuga da Approdo del Re nell’episodio “Il leone e la rosa” (04×02).

Se nella progettazione degli abiti la serie si prende diverse libertà rispetto alla saga letteraria, l’ hair designer Kevin Alexander rivela invece che per il colore dei capelli il libro è stato seguito alla lettera, anche considerato che il colore dei capelli è spesso fondamentale ai fini della trama. Per le acconciature dei personaggi femminili protagonisti del racconto, ci si è ispirati ad artisti pre-raffaelliti come John William Waterhouse e Dante Gabriele Rossetti. Per il colore dei capelli, se gli attori non sono naturalmente “dotati” si è ricorsi alle tinte: è il caso ad esempio di Sophie Turner (Sansa) che è bionda nella realtà e rossa nella finzione, Jack Gleeson (Joffrey), biondo nella finzione, ma scuro di capelli in realtà ed Emilia Clarke (Daenerys) biondo platino (quasi bianca) nella finzione e mora (quasi corvina) nella realtà. Per Daenerys, Cersei (Lena Headey), Melisandre (Carice van Houten) e Margeary (Natalie Dormer) si sono usate anche diverse le parrucche.

Le vesti di Daenerys, Cersei e Sansa hanno lo scopo di sottolineare il ruolo sociale che queste donne occupano nel mondo di Game of Thrones e allo stesso tempo riflettono il loro stato psicologico che cambia più volte nella storia; potremmo definire, nel caso di Daenerys, Cersei e Sansa, un vero e proprio “arco di trasformazione dei costumi”.

 

Attraverso l’osservazione accurata del look di questi personaggi possiamo constatare che la costruzione narrativa della saga passa anche attraverso i dettagli. È necessario guardare più volte gli episodi per cogliere ogni elemento disseminato nei monili e delle vesti il cui ruolo è quello, prendendo ancora una volta in prestito la riflessione di Quintavalle, “di organizzare le funzioni dei personaggi”: “si capirà quindi come la moda, ricostruita e analizzata, non sia semplicemente il luogo della presentazione degli abiti, ma quello dell’organizzazione delle funzioni dei personaggi (…) nei termini della tradizione narratologica: moda quindi sarà certamente progettazione dell’abito e dei suoi accessori, ma in relazione alle differenti scene di interno ed esterno, di città e di campagna, di alta, media e bassa società. Scoprire tutto questo, evidenziarlo risulta ancora più difficile di quanto non si intenda anche solo dall’enumerazione dei problemi”.



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