L’energia idroelettrica è un’energia “pulita”, rinnovabile e a basso impatto ambientale. Ma è davvero così?
Nel suo saggio Geomanzia (Palermo University Press, 2021), il giornalista Davide Mazzocco ha analizzato, a partire dai quattro elementi, gli aspetti più urgenti della crisi ambientale e la loro stretta connessione con i meccanismi di produzione e le politiche economiche attuate in questi ultimi anni.
Su Scenari pubblichiamo un estratto dal capitolo “Acqua”, che mette in evidenza come la diffusione sempre maggiore di dighe possa costituire un pericolo per gli equilibri ecologici e la sopravvivenza delle comunità.
La fame di energia cresce in tutto il mondo e, con essa, la sete di acqua necessaria ad azionare le turbine delle centrali idroelettriche. Nel senso comune, l’energia idroelettrica viene comunicata come rinnovabile e, quindi, a basso impatto ambientale, ma l’esperienza dimostra come non sia così. Le dighe alterano gli equilibri ecologici, economici e sociali in misura della loro grandezza. La costruzione di una diga priva animali e alberi dell’acqua necessaria alla loro sopravvivenza, mette in difficoltà le comunità che vivono di agricoltura e crea gravissimi problemi alla fauna ittica. Negli Stati Uniti, per esempio, in alcune dighe sono state costruite delle chiuse per consentire ai salmoni di superare le barriere fisiche e raggiungere i luoghi necessari alla riproduzione, ma si tratta di eccezioni alla regola.
Uno degli esempi più clamorosi dell’assalto ai corsi d’acqua per soddisfare la crescente domanda energetica è rappresentato dall’area balcanica. Sono circa tremila i progetti di dighe sui corsi d’acqua nei paesi dell’ex Jugoslavia, in Albania, nella Macedonia del Nord, in Bulgaria e in Grecia. Fra questi, il fiume maggiormente minacciato è il Vjosa.
Lungo i suoi 270 chilometri sono state progettate ben trentotto dighe che dovrebbero essere utilizzate per produrre energia elettrica a beneficio di un Paese che, negli ultimi due decenni, ha avuto un enorme sviluppo economico. Sia le dighe che le derivazioni dei fiumi sono entrambe devastanti per ecosistemi e popolazioni. Il 91% dei progetti di costruzione di dighe nei Balcani riguarda piccoli impianti e derivazioni idroelettriche che sottraggono acqua ai fiumi e ne prosciugano alcuni tratti.
Di fronte al progetto della diga idroelettrica di Poçem, le comunità residenti lungo il corso del Vjosa si sono unite e, per vie legali, sono riuscite a far invalidare la decisione di costruire lo sbarramento. Si è trattato della prima vittoria di una causa ambientale in Albania. Il Governo di Tirana ha fatto ricorso, ma la questione ha assunto una rilevanza internazionale, tanto da essere stata affrontata anche da un influencer globale come l’attore Leonardo DiCaprio, noto per le sue posizioni ambientaliste. In Bosnia-Erzegovina l’opposizione alla costruzione delle dighe è stata combattuta sul piano fisico.
A partire dall’agosto 2017 e per 325 giorni, le donne del villaggio di Kruščica hanno lottato per proteggere i fiumi delle loro comunità e la loro unica fonte di acqua potabile, subendo cariche violente da parte delle autorità. Le attiviste di Kruščica hanno preso l’iniziativa ipotizzando – erroneamente – che la polizia non avrebbe effettuato delle cariche contro delle manifestanti pacifiche. Resistendo alle basse temperature dell’inverno balcanico e organizzando dei turni tali da consentire il normale svolgimento degli impegni familiari e professionali, le donne hanno presidiato per quasi undici mesi il ponte di accesso ai cantieri della diga. Nella fase più acuta della protesta, alcune di loro sono finite in ospedale, ma la loro lotta ha avuto successo divenendo uno dei simboli della resistenza ai progetti delle dighe balcaniche.
La costruzione delle dighe rappresenta un business estremamente lucrativo per il triangolo formato da lobby idroelettrica, lobby edilizia e mercato finanziario. Laddove questi tre attori trovano governi o amministrazioni locali compiacenti, i lavori hanno gioco facile, a meno che le comunità locali, presa coscienza del fatto che saranno i residenti a pagarne i costi ecologici e sociali, non si organizzino. Mentre negli Stati Uniti, dove esistono oltre 85mila dighe, si sta procedendo allo smantellamento di alcuni sbarramenti obsoleti e dannosi, nel mondo la costruzione di dighe procede inesorabile travolgendo le comunità. Lungo i 6400 km del Rio delle Amazzoni sono ben 428 le centrali idroelettriche già attive e altre 140 sono in costruzione. Oltre alle minacce rappresentate da deforestazione e incendi, quindi, l’Amazzonia rischia di perdere una parte cospicua dell’acqua che le consente di essere uno dei santuari globali della biodiversità. Un gruppo di scienziati guidato da alcuni ricercatori dell’Università di Austin ha pubblicato uno studio (1) che dimostra come la costruzione delle dighe stia mettendo in serio pericolo la vita del fiume sudamericano. La maggior parte dei progetti esistenti o in fase di realizzazione non riguarda tanto il ramo principale in cui il corso d’acqua procede lento e placido, ma gli affluenti che discendono dalle alture delle Ande peruviane e boliviane, come i fiumi Madeira, Marañón e Ucayali. La costruzione delle dighe a monte di Manaus sta già alterando la vita del corso d’acqua che custodisce un quinto delle riserve d’acqua dolce del Pianeta. L’Amazzonia ospita specie animali e vegetali uniche ed endemiche che rischiano di scomparire nel caso in cui le alterazioni dei flussi riducano le risorse necessarie alla sopravvivenza.
Lo spietato sillogismo che unisce crescita economica, aumento della richiesta di energia e sviluppo dell’idroelettrico trova la sua rappresentazione solida nella diga delle Tre Gole costruita sul Fiume Azzurro, nella provincia di Hubei, in Cina. Completata il 20 maggio 2006, ma ultimata nel giugno del 2009, la diga è stata oggetto di ripetute proteste da parte delle associazioni ambientaliste, sia per il suo devastante impatto sugli ecosistemi, sia per l’elevato numero di persone sfollate. Con i suoi 2.309 metri di larghezza, la diga delle Tre Gole è la più grande del mondo, ma anche la più potente centrale idroelettrica, tanto da garantire 413.000 TJ, ovverosia il 3% dell’energia elettrica consumata in Cina. Se da una parte la produzione di energia idroelettrica permette di non utilizzare risorse fossili inquinanti, gli impatti negativi dell’opera sono stati molteplici. Per realizzare il bacino sono stati sommersi oltre 1.300 siti archeologici, tredici città, 140 paesi e 1.352 villaggi. Non ci sono stime sul numero complessivo di persone dislocate fino a oggi, ma almeno 1,4 milioni hanno dovuto abbandonare l’area del bacino nella fase della realizzazione o nei primi anni di attività. Molte specie animali e vegetali sono scomparse, altre sono in pericolo.
Balcani, Amazzonia e Cina, cambiano gli scenari, non le conseguenze della sete d’acqua. Quando sono liberi di scorrere, i fiumi rappresentano un valore immenso per gli esseri umani e per la fauna. Oltre a fornire nutrimento e acqua potabile, aumentano la resilienza alla crisi climatica. Difenderli significa (anche) difenderci.
(1) https://news.utexas.edu/2017/06/14/hydroelectric-dams-may-jeopardize-the-amazons-future/